TISANE, UNGUENTI, PROFUMI, LIQUORI: I LORO PRODOTTI NATURALI SONO ORMAI SU INTERNET
Tra preghiera e marketing, il business dei conventiROMASono i «guru» della farmacopea alternativa, del business «tutto naturale» e il loro motto sembra il colpo di genio di un pubblicitario, ma è antico di secoli. A Genova i frati carmelitani scalzi hanno trasformato il loro convento di piazza Sant’Anna in una farmacia-erboristeria che vende on-line unguenti e tisane. Preghiere e sperimentazione, come raccomanda il libro biblico del Siracide («Il Signore ha creato i medicamenti della terra e con essi il farmacista prepara le miscele»), ma anche consigli sui corretti stili di vita e rimedi a base di erbe tramandati dai monaci di generazione in generazione.
Nell’era globalizzata, l’antica «spezieria» genovese, fornitrice di case reali e grandi ospedali europei, riceve ordini via mail da ogni angolo del pianeta e il priore coordina gli speziali secondo i precetti di San Giovanni Della Croce, che mise in catalogo la manna, le tavolette contro i vermi, i decotti di china, i sali di Inghilterra, l’unguento di fior di papavero e una «bibita spiritosa d’incenso, mirra, aloe e vino». Alcune specialità settecentesche, spiegano i carmelitani, vengono prodotte ancora oggi: lo sciroppo lassativo di rose, la pomata all’olio di mandorle contro le irritazioni della pelle, la pozione rigenerante di rabarbaro, polveri depurative di salsapariglia.
Ma i più richiesti sono i lenimenti antireumatici per sciatalgia e dolori articolari, gli infusi di vischio anti-ipertensione, le compresse di erisimo usate dai cantanti lirici per le corde vocali e la pozione dimagrante alla quercia marina. Particolarmente rinomati sono i liquori tonici e digestivi venduti nelle distillerie e rivendite dei monasteri, come, nel popolare quartiere romano di Trastevere, la settecentesca spezieria di Santa Maria della Scala, riportata all’antico splendore da padre Luigi, al primo piano del convento dei carmelitani scalzi, sopra la farmacia che rifornì per secoli la corte pontificia.
In un bosco di eucalipti, gli elisir e la cioccolata dei monaci vanno a ruba pure nell’abbazia romana delle Tre Fontane, dove padre Enrico ha rinverdito i fasti della distilleria trappista.
Nell’abbazia di Casamari, a Veroli, vicino a Frosinone, i frati lavorano erbe e spezie per ottenere decine di essenze e tinture a 90 gradi celebrate anche da Gabriele D’Annunzio: «Poche gocce bastano a trasmutare un bicchiere d’acqua in una specie di opale paradisiaca».
A Firenze lavora a pieno regime la domenicana Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella, diretta da Eugenio Alphandery. Un labirinto di mortai, vasi, albarelli, alambicchi che sforna rimedi officinali prodotti con metodi naturali e un occhio al marketing.
In mezza Europa, per esempio, vengono esportate l’Acqua di Santa Maria Novella, i profumi, l’aceto aromatico e i saponi, fabbricati con macchinari dell’Ottocento, stampati, rifiniti e incartati a mano.
Ma i pionieri del «santo business» sono i monaci del millenario eremo aretino di Camaldoli, la cui antica farmacia (accanto al laboratorio chimico galenico) coniuga la regola benedettina alle moderne tecniche di vendita con solerti commesse che offrono, a prezzi concorrenziali, tisane, liquori, miele, confetture, cioccolata, cosmetici. Tra ordinazioni tramite posta e «forum» via mail del direttore padre Marino, un’impresa moderna: «Preghiera e computer, tradizione e nuove tecnologie, la nostra comunità si mantiene attraverso il lavoro, che permette l’autosufficienza economica».
Copyright ©2005 La Stampa