L’anisakiosi è una patologia in aumento per la diffusione del consumo di pesce crudo (sushi e sashimi). Ecco i consigli per evitarla.
Il Giappone detiene il primato di casi di anisakiosi: se ne osservano circa 10000 all’anno. Negli Stati Uniti se ne contano 10 ogni anno, ma la patologia è presente anche in Europa, Italia compresa. Nel nostro Paese il primo caso accertato risale al 1996 e da allora altre 25 persone sono state colpite dalla patologia.
L’anisakiosi è una patologia causata dall’ingestione di pesce crudo o poco cotto infestato da larve di Anisakis, un parassita appartenente alla classe dei nemotodi (vermi tondi).
Anisakis compie il proprio ciclo biologico all’interno dell’organismo di varie specie marine, tra cui quelle destinate al consumo umano, come ad esempio aringhe, sgombri e naselli.
Se tali pesci vengono adeguatamente cotti o congelati, il parassita muore e non causa problemi. Ma se il pesce viene consumato crudo o poco cotto e non è stato sopposto a congelamento, il parassita può essere ingerito dall’uomo e provocare seri danni all’organismo.
Nei casi meno gravi, il verme si ferma nel primo tratto dell’apparato digerente e viene spesso espulso con un semplice colpo di tosse; talvolta però il verme arriva nello stomaco, nell’intestino o negli altri organi addominali, causando un seria patologia che può essere risolta solamente attraverso un intervento chirurgico.
Oggi le misure preventive e i controlli ispettivi negli stabilimenti e nei mercati ittici sono molto accurati e la legge impone la cottura e il congelamento del pesce prima del consumo.
Ma i casi di malattia continuano a presentarsi, probabilmente a causa dell’insufficiente informazione sulla patologia. Attenzione quindi a non ingerire pesce potenzialmente pericoloso, assicurandosi che il sushi che si vuole consumare al ristorante sia stato precedentemente congelato ed evitando ad esempio il consumo casalingo di pesce marinato.